martedì 22 aprile 2014

Lacrime di Senape

Se c'è una cosa di cui sono molto fiera, sono le mie spezie.
Ne ho davvero tante, e fra le tante anche alcune non banali. Ho melange particolari, curry di vari tipi; ne vado a caccia, e quando ne trovo di nuove, le prendo senza indugio e le sperimento.
Fra tutte però, la banale senape, quella in polvere, ogni volta che la vedo riordinando ed aggiornando l'inventario dei miei barattolini profumati, mi mette da anni invariabilmente a disagio.
E anche se non ci giurerei, ho l'impressione di evitare di usarla.
Oggi vorrei spiegarvi perché.

Mi sono sposata piuttosto giovane, nell'89. Il decennio fra i miei venti e trent'anni, durante il quale i miei coetanei bontà loro hanno pensato per lo più a studiare, gozzovigliare e fare esperienze cosiddette "giovanili", io l'ho impiegato a creare due meravigliose creature (il che è l'ennesima prova che le cose migliori nella vita ti succedono per caso) e a fare la vita della giovane signora radical chic in un quartiere alto borghese di Roma, frequentando donne che avevano figli coetanei dei miei, e in media almeno una decina (se non più) d'anni più di me.

Devo ammettere a posteriori che benché io non sia mai stata una Madre nel senso classico del termine (ma probabilmente non lo sarei stata neanche vent'anni dopo, né mai), ovvero m'è sempre venuto spontaneo considerare i miei figli come piccole persone simpatiche ed amabili e non come l'Unico Centro del Mio Universo Cui Rivolgere Ogni Mio Pensiero ed Attenzione, tuttavia credo di aver fatto del mio meglio per coprire quel ruolo cui nessuno mi aveva preparata (io per prima) e rendermi utile in Mammaland. Cioè la tipica situazione temporanea in cui si ritrovano a vivere tutte le giovani madri: la piccola comunità che ruota intorno alla scuola dei propri pargoli.

Alcune colleghe mamme mi piacevano sinceramente molto. Sebbene temo non ci avessero messo molto a catalogarmi come stramboide, vuoi per la giovane età vuoi per la perniciosa attitudine a dire quello che penso che già allora avevo, ad alcune di loro ero simpatica e mi fa piacere ricordare il fatto che fossero le più evolute e colte, i cui figli guarda caso ancora adesso mi sembrano i ragazzi più simili ai miei.

Fra di loro c'era quella che chiamerò Elle.
Elle aveva due figli maschi, coetanei dei miei. Mi piaceva molto. Non era fra le mie amiche più intime, ma la trovavo davvero intelligente e chic, di uno chic discreto il giusto. Era laureata in lettere, ma aveva rinunciato a lavorare per dedicarsi alla famiglia. Parlavamo spesso di letteratura. I suoi figli erano come lei: ragazzi intelligenti ed in gamba, andavano molto d'accordo con i miei. In pratica, era davvero una gran brava persona, con una bella famiglia.

Poi arrivò il '99, e con esso la mia separazione.
I termini un po' inusuali di essa, che consisterono in me che apparentemente tagliai la corda per andare a vivere (con un outsider né radical né chic) e a lavorare in Emilia, ottenendo un affidamento congiunto del quale usufruivo nei week end come qualsiasi padre lavoratore (e dicendo al mio ex marito: "Bene, ora occupatene anche un po' tu."), gettarono un lieve scompiglio in Mammaland che non mi aveva considerato mai così tanto stramba, causando alcuni effetti collaterali immediati, quali, ad esempio, l'immediato ostracismo da parte delle Vere Madri (ah, il femminismo!). Così, quando all'inizio del week end andavo a prendere i miei figli a scuola (ancora in tenuta da lavoro e trolley, direttamente dalla stazione), potevo fortunatamente contare su molto silenzio.

Ma, molto più fortunatamente, non da parte delle mie vere amiche. Che come le vere amiche, non giudicavano.

Così una volta mi ritrovai a parlare con Elle. Le spiegavo che anche se non era tutto rose e fiori, avevo grandi soddisfazioni. Il lavoro andava strabene. Perché io finalmente lavoravo. Non dovevo più marcire in casa solo perché mio marito voleva così. Non sentivo più di dover buttare la mia vita. Ristudiavo. Guadagnavo. Ero ripartita. Anche se avevo milioni di problemi pratici. Una microcasa, ma mia. Anzi due. E gestivo tutto, ci riuscivo, ma che stanchezza. Stanchissima di lavorare e viaggiare continuamente. Ora prendevo i bambini e dovevo farli mangiare anche se dovevo anche finire un lavoro per un progetto che seguivo, una cosa veramente interessante, in pratica...
E Elle mi disse: perché non gli fai il polpettone alla senape per pranzo? E' una mia ricetta, piace a tutti...
Il progetto che sto seguendo è davvero interessante. la interruppi.
E gliene parlai. Poi suonò la campanella, i bambini sciamarono fuori e ci salutammo.

Però portandoli verso casa mi ritrovai dispiaciuta. Perché avevo notato la sua piccola smorfia di disappunto.
Elle stava cercando di aiutarmi con una cosa reale, di cui evidentemente era fiera. Era una delle poche persone che ancora mi parlava. E a pensarci meglio, io che di solito mi faccio problemi per mille sciocchezze, non ero stata per nulla gentile, in diversi modi. Mi ripromisi di esserlo di più la prossima volta che ci avrei parlato.

Ma non capitò.
Effettivamente come menage era molto faticoso e lo corressi, e capitai sempre meno davanti alla scuola.
In realtà non era solo un problema di stanchezza. La verità era che, anche se ero affezionata ad alcune persone, gradualmente mi resi conto di detestare quel mondo. Pian piano ero tornata la me dei vent'anni: quella che voleva essere una donna libera, in carriera, che detestava la routine. Che francamente detestava Mammaland, le feste per bambini e i consigli di classe: il ricordo di esserne stata parte mi disturbava, e ne stavo lontana il più possibile. Però cercavo di restare in contatto con le mie amiche, per quanto possibile. Anche se purtroppo lavoravo tantissimo e fra i figli e tutto il resto, tempo non ne restava mai.

Elle morì di tumore due anni dopo.

Non ho mai più avuto occasione di essere gentile con lei. E ricorderò sempre questo: la sua gentilezza, la sua disponibilità. E quella sua piccola smorfia di disappunto per essere stata interrotta, subito cancellata da un sorriso educato, ma sincero.

Ogni volta che vedo la senape mi sento una cretina. E sospetto che mi farà sempre lo stesso effetto.

La parte utile, che scrivo per voi oggi come per me, fissando un vasetto di senape in polvere: per quanto vi sentiate stressati, per quanti buoni motivi pensiate di avere, quando qualcuno vi parla cercando di esservi amico cercate di ascoltarlo e non lo interrompete. Siate gentili.
Perché la sgradevole ma indubbia verità è che nessuno di noi può davvero sapere quale sarà l'ultima volta che parlerà con un altro.


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