venerdì 5 dicembre 2014

L'Inferno

L'altra sera nella sala d'attesa del mio medico sotto le luci dei neon ho improvvisamente capito il senso della Divina Commedia di Dante.
Chi l'avrebbe mai detto? Finalmente, se posso far appello al senso etimologico del termine, sono riuscita a com-prenderlo: a farlo mio.

Pur essendo stata, posso dirlo, una studentessa di lettere dai conseguimenti ottimi, ho sempre ritenuto la Divina Commedia (ahimè al pari dei Promessi Sposi) una mattonazza disumana, una tortura somministrata agli studenti sanzionabile a livello internazionale.

Eppure dopo tanti anni, alla fine mi è servito a capire qualcosa di importante della mia vita. Certo: unitamente al Buddismo e diversi altri buoni libri e Maestri, però è servito.

Ritrovarsi perduti in una selva oscura.

In teoria, non dovrebbe essere difficile da capire che in alcuni particolari momenti ti sta succedendo qualcosa di brutto, ma dipende dal carattere.
C'è gente che se si spezza un'unghia chiama il babbo il lacrime e riempie facebook di post dolenti per farsi consolare.
Ci sono altri che se il babbo gli muore e nello stesso giorno vengono piantati e gli investono il cane, si stringono nelle spalle e dicono: Uh, ma che giornata.

Il fatto è che a tutti può capitare un evento negativo, poi magari un altro. E un altro ancora. Ma ognuno ha i suoi limiti. E non tutti sanno riconoscerli.
Così accade che passo dopo passo, inciampando, ti puoi ritrovare perduto. E di prendere una strada che scendendo più o meno lentamente ti porta verso l'Inferno.

Ora trovo che qui il buon vecchio Dante se la sia cavata con poco rappresentando dannati e satanassi, perché l'ovvia realtà è che sia i dannati che i demoni di questo tipo di Inferno siamo noi stessi.

Quando inizia una crisi è un po' tutto concesso 
Come no?
Io so perfettamente quando sono scesa all'Inferno nella mia vita.
Alcune volte, per fortuna ben distanziate negli anni ma nette. Ogni volta, sono stata pessima.
A chi è andata meglio, l'ho allontanato nel silenzio per sempre o molto a lungo da me.
A chi è andata peggio, l'ho allontanato massacrandolo a parole (e possibilmente per scritto, essendo il mio mezzo d'espressione elettivo, come dire, "Giacché mi va d'ucciderti guarda: scelgo il fioretto per farlo ben a modo, contento?").
A posteriori, la me sana non si giustifica dicendo che erano solo parole, ("Maddai! Non sei mai mica passata ai fatti; non hai mai rubato, ucciso, incendiato macchine o anche solo messo sale in un caffè!").
Ho agito male eccome. Perché parlare è fare qualcosa e le parole possono far male,
Inoltre, coloro ai quali è andata peggio erano quelli cui tenevo di più.
Persone a cui volevo bene, che credo mi volessero bene (credo, perché dopo il mio metodo verballodovico dubito che se lo ricordino anche, di avermi voluto bene).
Alcuni mi hanno perdonata (incredibilmente, occorre dire). Altri no. Ad altri non ho neanche chiesto: persino io non ho avuto il coraggio (e sì che in alcuni casi ero giovane e più ben più sfrontata di oggi).

Una volta uno di loro mi ha fatto la stessa domanda che per anni mi sono fatta (dolorosamente) io stessa:
"Perché te la prendi così proprio con me (che ti voglio bene)?"

Con un'immaturità emotiva terrificante, ora finalmente l'ho com-preso.
Perché, mio caro (miei cari), ero all'Inferno. Dove tutto è caos e sofferenza, tutto è il contrario di tutto e niente è vero.
E lì avevo paura di perderti, essendomi persa.

Non è facile per nessuno incontrare qualcuno di cui fidarsi e da amare, tanto che quando lo si trova  si corre anche questo rischio: di attribuirgli responsabilità non sue.

Però nessuno, per quanto fidato ed amato, può essere il nostro Virgilio, colui che è in grado di farci da guida e scortarci al salvo lontano dai nostri demoni.

Virgilio siamo noi: le nostre esperienze, le nostre idee, i nostri valori, il nostro coraggio.
Attribuendo questo ruolo a qualcun altro otteniamo solo di generare ansia, delusione e risentimento, ovvero cibo a palate per il nostro Demone della Rabbia e dell'Ingiustizia, che mieterà vittime intorno a noi facendo terra bruciata con più efficienza del napalm.
Non siamo giustificati nel comportarci come una folla inferocita dalla paura che nei momenti di crisi manda al patibolo i propri Eletti e demolisce le statue dei propri Idoli nei quali aveva riposto le proprie speranze. Occorre rimboccarsi le maniche, assumersi le proprie responsabilità ed uscire dai guai con le proprie forze.

Ho capito che bisogna capire i passi falsi che possono portare qualcuno a perdersi in un Inferno.
Quando ci sei, riconoscerlo e non negarlo per affrontarlo con consapevolezza.
In realtà i momenti difficili, le "prove del fuoco", sono funzionali nella nostra vita e se affrontate correttamente ogni volta ne possiamo uscire rafforzati e migliori come guide sia per noi stessi che per gli altri.

Non esistono solo grandi Inferni nella vita, ma anche piccoli insidiosi inferni quotidiani.
Rotture, malumori, difficoltà:  da evitare per quanto possibile, oppure da affrontare senza farli scontare agli altri, meno che mai le persone più vicine a noi.

E infine, un ultimo spunto.
Se rovesciamo questa visione infernale, cosa diventa? Il Paradiso e la luce gloriosa delle stelle. Questo è il senso in positivo del sostegno che possiamo dare ed avere con chi amiamo.
Un paio d'ali in più per volare più in alto.