martedì 26 maggio 2015

Darci un taglio

Stasera preparavo la cena e ho pensato:
"Oh, come vorrei che le persone che non mi stimano, quelle a cui non piaccio, mi potessero vedere ora!"
Nella mia cucina, a cucinare.
Non per per farmi stimare, non per piacer loro, ma per il gusto di veder cadere le loro mandibole.

Cucinare è una cosa che mi riesce davvero bene.
In quei momenti, sono come un trapezista che volteggia in mezzo ai riflettori, come un illusionista che confonde la folla sorridendo.
Dimentico tutto e ho davvero il pieno controllo.

Per tacere dei momenti in cui uso la mia sconfinata collezione di coltelli.
Allora, forse, potrei persino suscitare un po' di paura.

Chi non ha mai visto come so tagliare le cose, non mi conosce davvero.

Sarà che vengo da una famiglia di chirurghi (e sotto sotto, diciamocelo, ho ricevuto vari input subliminali per diventarne uno io stessa), sarà che ho un animo scioccamente radicale, ma per anni le mie metafore preferite hanno fatto riferimento a questo argomento.

"Meglio dare un taglio netto."
"Taglia via la parte marcia per salvare il resto."
"Tu brilli, ma come una lama affilata."

Va da sé che avendone l'occasione avrei speso il prezzo necessario per una katana autentica e che il mio personaggio preferito da ragazzina era Goemon (più avanti,  Musashi Miyamoto di Vagabond).
Il mio eroe ispiratore, Cyrano; la mia vita, una consapevole sfida all'arma bianca contro un mondo di felloni armati di pistole.

 La verità, oggi?

A quasi cinquant'anni, sembra che il livello di whocares si stia alzando vertiginosamente nel mio sangue.
Con il primo effetto immediato di non desiderare più di sprecare energia per cercare versare quello di nessuno, neanche con delle lame metaforiche (che notoriamente sono più disagevoli di quelle reali, specie di quelle in ceramica, comodissime a mio avviso).

Conoscendo il mio carattere, per tutta la vita sono stata convinta che sarei diventata una di quelle vecchie signore che picchiano per strada la gente con la borsetta (eventualmente riempita di sassi, visto che ho sempre puntato all'efficienza) ed invece accade l'impensabile: mi rassereno.
Sperimento un inedito, piacevole e costante senso di libertà.

Libera ad esempio dalla categoria "Ossessioni legate all'aspetto esteriore" che negli ultimi quarant'anni ha riempito pagine e pagine della mia sconfinata lista interiore "Cose per cui tormentarti".

Invecchio fisicamente e non ho provveduto a coprire tutti gli specchi di casa di teli neri come avevo previsto.
Mi accorgo, senza essermene resa conto, di aver cominciato a preferire di essere in buona salute piuttosto che bella, e ogni giorno che mi sveglio in forma, mi sento felice.

[Un giorno magari mi libererò anche dall'ossessione di categorizzare (e sottocategorizzare) tutto, comprese le mie ossessioni, ma andiamo per gradi: un po' di OCD alla fine torna sempre utile, sia sul lavoro che per avere una casa sempre ordinata].

Un altro effetto collaterale di questo gioioso rammollimento, è che aumenta la mia tolleranza verso il prossimo (del genere "molesto"), il quale se diviene particolarmente molesto non viene più sfidato a duello, ma rabbonito con qualche buffetto al suo ego e una manciata di caramelle tirate lontano per distrarlo dalla mia persona.

Non ho più voglia di litigare.

Sorrido, persino. Spesso.

Però questo non conta, perché sorrido per i motivi di sempre.

Per rassicurare chi mi vuol bene. E viceversa.