martedì 27 maggio 2014

Perdere E Vincere

In questi giorni, forse perché si fa un gran parlare di perdere e vincere, ho avuto un flashback della mia infanzia.

Io molto piccola sulla ginocchia di mio nonno che sorridendo, con quell'espressione concentrata e gioiosa che aveva mentre recitava poesie:

"Paggio Fernando, perché mi guardi e non favelli?"
"Perché guardo gli occhi tuoi che sono tanto belli..."

Giusto per far capire a tutti, si tratta di "Una partita a scacchi", un'opera teatrale scritta nel 1871 da Giuseppe Giacosa.

La trama è tratta da una "chanson de geste" cavalleresca del secolo XIII e racconta della scommessa fra il paggio Fernando per l'appunto, giovane orfano squattrinato dotato principalmente di grande bellezza e grandissima fiducia in sé stesso, e il ricco e vecchio conte padre di Iolanda: ovviamente bella, dotata di fine ingegno, sua unica erede e  quanto pare incredibilmente choosy in materia di fidanzamenti. Il conte vorrebbe un tot di nipotini, ma per l'epoca finora è apparso incredibilmente democratico e ha lasciato correre, solo che lagnati oggi lagnati domani, alla fine ottiene da Iolanda la licenza a trovarle un marito decente.

Dopo essergli stato presentato dal Conte Oliviero, che ne decanta il valore e l'incredibile coraggio dimostrati in battaglia, nonostante l'evidente disparità sociale, Fernando osa farsi avanti come pretendente di Iolanda e il vecchio conte, a metà ammirato dall'audacia del paggio, a metà irritato per lo stesso motivo, gli propone la seguente sfida: se fosse riuscito a vincere contro sua figlia una sola partita a scacchi, gioco in cui a quanto pare era imbattibile, avrebbe potuto sposarla. In caso contrario, la morte
Giusto per riconsiderare un po' i vostri suoceri, se ne avete di pessimi.

L'opera in versi descrive dunque questa partita fra i due. 
Che giocano a scacchi fra di loro, in tutti i sensi.
Sfidandosi: scoprendo le tattiche l'uno dell'altra. Facendosi complimenti: ammirandosi. Raccontandosi. Arrivando a parlare d'amore. 
Alla fine Fernando sembrerebbe in difficoltà, come descritto sopra: continua a fissarla. 
In realtà per favellare favella, ma con sempre meno concentrazione sul gioco e sempre più su di lei: ormai sembra aver abbandonato ogni spavalderia. Perso negli occhi di lei, appare prossimo alla resa.

Fernando:
"Tu sei  bella, Iolanda."

Iolanda:
"Com'è dolce il tuo dire!"

Fernando:
"Senti...tu hai mai pensato che si possa morire
Prima d'aver provato che cosa sia l'amore?
Prima che un sol fiorisca dei germogli del cuore?
Prima di bisbigliarsi le più ardenti parole?
Prima d'aver goduta la tua parte di sole? "

Iolanda:
"Oh no!"

Fernando:
"No, non è vero? Se non fosse che un'ora
Un'ora dell'ebbrezza che ogni ebbrezza scolora
Le mie pupille un'ora fissate nelle tue
E poi...venga il destino."


Iolanda:
"Si morirebbe in due."

E a questo punto Iolanda fa quello che qualsiasi ragazza accorta e brava negli scacchi farebbe al posto suo, ovvero si fa scacco matto da sola. Praticamente. Sorry Papi, 
"Gioca, Fernando; gioca, gioca: un passo solo." 
Su su:


(Mentre Fernando esita, Iolanda di soppiatto lo piglia dolcemente per mano, e fa lei una mossa per lui)


Dalla curva dei romantici si alza la ola. I due convolano, happy end.

Tre considerazioni:

1) Se vi state chiedendo CHI fra i due in realtà era il più bravo a scacchi e avrebbe potuto vincere la partita, o semplicemente chi è stato più furbo, mi dispiace per voi: siete lontani dalla via dell'amore, ovvero della felicità. Felice è, a mio avviso, chi non ha né furbizia né orgoglio, ma chi si gioca tutto, chi rischia tutto e chi accetta anche di sembrare perdente pur di poter fare quel solo ed unico passo verso il proprio futuro.

2) A mio avviso questa storia è semplicemente bella perché racconta di due persone che perdendo sono riuscite a vincere entrambe.

3) Credo di aver avuto un'immensa fortuna ad essere stata cresciuta da due persone anziane e colte che, anziché raccontarmi le solite favole truculente di lupi sventrati o principesse salvate, conoscevano storie come queste.



POSTILLA: Dopo che anche mio nonno morì e liberammo la casa, mi venne in mente di svuotare, con l'aiuto di un ferretto, uno dei vasi di terracotta dipinta dove sapevo che loro avevano buttato negli anni tante carte, giusto per avere qualcosa scritto di loro pugno. Sinceramente ambivo giusto a qualche lista della spesa.
Ho trovato, a pezzi, un foglio di carta pergamena dove sono riportati in bella calligrafia gli ultimi quattro versi della parte di Fernando che ho trascritto. 
Benché fossi piccola, ricordo ancora benissimo il momento in cui mia Nonna aveva ritrovato ormai anziana quella lettera d'amore ricevuta da ragazza e l'aveva strappata e buttata lì per non farmela leggere. 
Mi piace pensare che si sia trattato di pudore di altri tempi, e non disillusione. 
In ogni caso l'ho ricomposto e ora è conservato fra le mie carte per i miei figli, insieme alla sua storia.

venerdì 23 maggio 2014

Maria ed Italia

Oggi ho postato questa foto su facebook:


perché mi faceva pensare a mia nonna Marina.
Mi ha riportato un ricordo così bello che ho pensato di riservarmi un momento per fissarlo meglio qui.

Quei bottoni erano meravigliosi.
Detesto le osservazioni del tipo: "Una volta i vestiti erano una cosa seria." che a mio avviso sono reazionarie (e oltretutto uh se invecchiano) però sì, in questo caso c'è qualcosa di vero.
Una volta i vestiti in qualche modo valevano di più. Venivano dismessi quando erano proprio rovinati e i bottoni che venivano tagliati via per essere riutilizzati spesso erano davvero belli.
Ricordo che i miei preferiti stranamente non erano quelli "gioiello", fatti di strass, ma quelli di madreperlaPerché non ce n'era uno uguale all'altro
Li separavo dagli altri, escludendo ovviamente quelli bianchi, ordinari e banali delle camicie, e li disponevo in fila, creando arcobaleni perlescenti a seconda delle varie sfumature.

Mia nonna era una donna elegante, in tutti i significati che ciò aveva nel secolo ventesimo.
Credo che avesse tutti quei bottoni proprio perché in vita sua ne aveva riattaccati una quantità davvero esigua.
Faceva confezionare i propri vestiti da due sarte: Maria ed Italia, due sorelle che lavoravano nel proprio appartamento ubicato nel nostro stesso complesso di palazzine. 
Quando mia nonna andava da loro, io volevo sempre seguirla e i miei nonni non si spiegavano perché una bambina volesse sottoporsi alla noia interminabile dell'attesa delle prove.

Io restavo per ore in quell'appartamento gremito di manichini sartoriali e abiti appesi a vari stadi di rifinitura, seduta a terra fra ritagli e scampoli di stoffe di mille colori, trame, consistenze.

Alcuni di quei vestiti erano veramente spettacolari.
Abiti da cerimonia; da sera; da cocktail; da pomeriggio: imparavo che ogni occasione può avere un vestito adatto.
Ogni abito diverso, nato su una donna per quella donna: capivo che "vedere" la figura intera ed ogni curva, misurarla, gestirla e non nasconderla, vestirla e valorizzarla al meglio vuol dire eleganza.

Maria ed Italia che erano due "signorine", (ovvero in loro assenza due zitelle - eravamo negli anni '70), si intenerivano con una bambina come me che sembrava trovare interessante quello che facevano.
Grazie a loro imparai, ad esempio, ad infilare il filo nell'ago precocissimamente, oltretutto tenendo il filo corto, il che mi valse in prima elementare da parte della severissima Suor Valentina:
"Lunga gugliata, scolara svogliata. Ma TU no: TU sei un'altra Fiorella. Brava Giulietta!"
Ovvero, non sembravo indegna di due generazioni di donne della mia famiglia che prima di me avevano imparato a ricamare con lei. Ovvero, il migliore degli esordi nel sistema paramilitare delle scuole private.

Inoltre a volte Maria ed Italia mi regalavano gli avanzi delle stoffe su cui mi vedevano indugiare lo sguardo, supplicante come in una pasticceria dei colori. Così uscivo di lì con delle pezze neanche minuscole di tessuti pregiati come sete, velluti o lamè.
Che una volta arrivata a casa aggiungevo alla mia riserva; poi li confrontavo fra di loro, li intrecciavo e me li drappeggiavo addosso, rigirandomi davanti allo specchio per provare l'effetto.

Sono passati parecchi anni. Temo proprio che Maria ed Italia non ci siano più.
I tempi sono cambiarti: purtroppo, ad esempio, io non potrei mai permettermi due sarte (ma neanche una, eh) per i miei vestiti. Non solo per la spesa, ma neanche per il tempo da dover dedicare alla faccenda. 
Però mi piace prestare attenzione a come mi vesto. Trovo i vestiti divertenti e traggo piacere nello sceglierli e provarli. E mi piace pensare di dover ringraziare anche quelle due signorine per questo piacere che mi accompagna da tutta la vita.

Maria ed Italia (sarte in Roma), per quello che conta, mi fa piacere che dopo quarant'anni abbiano il giusto ringraziamento per essere state tanto gentili con una bambina che adorava quello che sapevano fare.

giovedì 22 maggio 2014

Inezia #2 - Posidonia

Un esercizio mentale che faccio e trovo molto efficace per rilassarmi quando sono stressata: 

Mi immagino di essere una foglia di posidonia che ondeggia nel silenzio del fondo marino




Un po' strano? Provateci

E' un rimedio assumibile senza prescrizione medica e non presenta controindicazioni o dosaggi massimi, se non che, nel caso vi rilassaste troppo, ricordatevi ci sono luoghi e situazioni sconsigliati per farlo.



martedì 20 maggio 2014

Inezia #1 - Le Notti Bianche

Oggi inauguro la serie delle Inezie, ovvero: piccoli, trascurabili e assolutamente Lumencentrici "facts", che però hanno una caratteristica comune, quella di riuscire a darmi serenità.
Sperando che facciano lo stesso effetto anche a qualcun altro o, in caso contrario, certa che produrranno reazioni perfettamente in linea con il tema del blog.


Inezia #1
Conosco quasi a memoria e mi piace ripetere fra me e me l'incipit delle "Notti Bianche" di Dostoevskij, ovvero:

"Era una notte meravigliosa, una notte come forse ce ne possono essere soltanto quando siamo giovani, amabile lettore. Il cielo era così pieno di stelle, così luminoso che, gettandovi uno sguardo, senza volerlo si era costretti a domandare a se stessi: è mai possibile che sotto un cielo simile possa vivere ogni sorta di gente collerica e capricciosa? Anche questa è una domanda da giovani, amabile lettore, molto da giovani, ma voglia il Signore mandarvela il più sovente possibile nell’anima! … "

Starry Night - Vincent Van Gogh

P.S. Chiunque capisca ed ami questo libro capisce anche molto più di me.

venerdì 2 maggio 2014

Due Pesi e Due Misure

L'ultima volta che ho postato qualcosa mi ero ripromessa per riuscire ad essere più sintetica di affrontare un solo argomento alla volta e così stavolta, molto coerentemente, ho pensato di trattare un duplice argomento sotto due punti di vista diversi.

Vediamo.

Oggettivamente. Non credo molto nelle Verità Assolute. Anzi, quasi per niente. Panta Rei, tutto scorre. Apprezzo chi se ne rende conto e ha la capacità di cambiare idea, però una cosa di cui sono abbastanza certa è questa: se conoscete una persona che con gli altri è in un modo, NON pensate MAI che con voi sarà diverso.

Un'amica che con voi sparlerà di tutti, sparlerà anche di voi. Un invidioso E' un invidioso. Un egoista E' un egoista. E così via. Per fortuna, vale anche per i pregi. Inoltre, la cosa positiva è che la gente tende a mostrare le proprie caratteristiche (soprattutto i difetti) con chi si immagina che non ne sarà l'oggetto. Questa persona però farebbe bene a tenere gli occhi aperti, non illudersi e trarre le debite considerazioni su chi ha di fronte.

Gli esempi più ricorrenti sono nelle relazioni sentimentali. Qualcuno che ci si presenta massacrando il/la proprio/a ex non credo meriti la nostra solidarietà (se non a parole, ovviamente, nel caso volessimo controbattere alla banalità col più bieco dei trucchi per far colpo), perché quella che ci sta trasmettendo in buona sostanza è una tonnellata di cattivi sentimenti, di cui noi un giorno potremmo essere l'oggetto.

Vorrei poi estendere il consiglio ai fan club delle algide divas o degli uomini-duri-che-non-devono-chiedere-mai: per parlar forbito, occhio, che gli stronzi lo sono con tutti. NON VI FIDATE del Principe Azzurro che getta il proprio mantello a terra per farvi superare la pozzanghera e subito dopo tira una pedata al mendicante a terra per farvi strada, perché un giorno - cerco di spiegarla facile-facile - prenderà a calcioni anche voi.
A meno che non siate proprio come lui. E allora forse avrete una vita felice insieme e tante attività ricreative in comune nel tempo libero, elegantissimi in quei lunghi cappucci bianchi che avete già ordinato la settimana scorsa, come andare a ripulire il vicinato e poi festeggiare con grandi falò all'aperto.

Volete un buon amico, una brava persona accanto? Guardate come si comporta con gli altri. Se ha amici di lunga data che gli/le vogliono bene. Che a loro volta sono brave persone. Guardate se è una persona generosa, se è paziente con loro, se è leale. Non siate gelosi per questo: non sbuffate se dedica loro il proprio tempo. Se vi vuole bene, sarà il miglior amico o il miglior partner del mondo. Perché è una persona buona.

E voi? Come siete?

Mi spiego: di tutte le centinaia fra le Perle di Saggezza che mi tocca vedere come iscritta a Facebook ogni giorno alcune mi piacciono, la maggior parte mi lasciano indifferente, ma ce n'è un tipo, ripetuto in varie versioni, che mi sta veramente antipatico, il cui senso è fondamentalmente questo:

"Io sono una Buonissima Persona, ma con le Persone Cattive sono Cattivo"

EH NO!

Io vorrei una Perla di Saggezza personalizzata per replicare e anche se sarebbe troppo lunga suonerebbe così:

"TU sei una persona normalissima che come tutti si gratifica con l'idea di essere buonissima e che giustifica le proprie nefandezze come causate da quelle degli altri. La verità è che TU puoi scegliere di essere buono o cattivo, educato o maleducato, forte o debole. TU sei TU: quando c'è da farti i cavoli tuoi gli altri non hanno la minima influenza su di Te. Guarda caso, diventano influenti solo quando ti servono come capri espiatori per i tuoi sgurz. 
Quindi, stacce."

E' chiaro che ci sono dei casi limite. Non ci si comporta allo stesso modo che so, durante una tombola parrocchiale o in caso di invasione zombie. E' tantissimo che non partecipo ad una tombola parrocchiale, ma immagino sia più lecito il secondo caso per dare adito ad una reazione splatter fuori norma. Quindi può capitare di dire: "Io sono una persona buona e cara, ma se entra uno zombie in casa mia, gli stacco la testa con un'accetta." E vabbè. Ma se provate a farlo al signor Franchetti che fa cinquina prima di voi (anche se è il terzo anno di seguito che succede perché quel bastardo se ne approfitta che Don Vittorio non controlla), non è mica tanto bello in ogni caso (e voi non state neanche tanto bene, ma oggigiorno la chimica fa miracoli). 

Ma questo è l'unico caso. Per il resto, secondo me, due pesi e due misure non esistono. Poi fate un po' voi.