martedì 22 aprile 2014

Lacrime di Senape

Se c'è una cosa di cui sono molto fiera, sono le mie spezie.
Ne ho davvero tante, e fra le tante anche alcune non banali. Ho melange particolari, curry di vari tipi; ne vado a caccia, e quando ne trovo di nuove, le prendo senza indugio e le sperimento.
Fra tutte però, la banale senape, quella in polvere, ogni volta che la vedo riordinando ed aggiornando l'inventario dei miei barattolini profumati, mi mette da anni invariabilmente a disagio.
E anche se non ci giurerei, ho l'impressione di evitare di usarla.
Oggi vorrei spiegarvi perché.

Mi sono sposata piuttosto giovane, nell'89. Il decennio fra i miei venti e trent'anni, durante il quale i miei coetanei bontà loro hanno pensato per lo più a studiare, gozzovigliare e fare esperienze cosiddette "giovanili", io l'ho impiegato a creare due meravigliose creature (il che è l'ennesima prova che le cose migliori nella vita ti succedono per caso) e a fare la vita della giovane signora radical chic in un quartiere alto borghese di Roma, frequentando donne che avevano figli coetanei dei miei, e in media almeno una decina (se non più) d'anni più di me.

Devo ammettere a posteriori che benché io non sia mai stata una Madre nel senso classico del termine (ma probabilmente non lo sarei stata neanche vent'anni dopo, né mai), ovvero m'è sempre venuto spontaneo considerare i miei figli come piccole persone simpatiche ed amabili e non come l'Unico Centro del Mio Universo Cui Rivolgere Ogni Mio Pensiero ed Attenzione, tuttavia credo di aver fatto del mio meglio per coprire quel ruolo cui nessuno mi aveva preparata (io per prima) e rendermi utile in Mammaland. Cioè la tipica situazione temporanea in cui si ritrovano a vivere tutte le giovani madri: la piccola comunità che ruota intorno alla scuola dei propri pargoli.

Alcune colleghe mamme mi piacevano sinceramente molto. Sebbene temo non ci avessero messo molto a catalogarmi come stramboide, vuoi per la giovane età vuoi per la perniciosa attitudine a dire quello che penso che già allora avevo, ad alcune di loro ero simpatica e mi fa piacere ricordare il fatto che fossero le più evolute e colte, i cui figli guarda caso ancora adesso mi sembrano i ragazzi più simili ai miei.

Fra di loro c'era quella che chiamerò Elle.
Elle aveva due figli maschi, coetanei dei miei. Mi piaceva molto. Non era fra le mie amiche più intime, ma la trovavo davvero intelligente e chic, di uno chic discreto il giusto. Era laureata in lettere, ma aveva rinunciato a lavorare per dedicarsi alla famiglia. Parlavamo spesso di letteratura. I suoi figli erano come lei: ragazzi intelligenti ed in gamba, andavano molto d'accordo con i miei. In pratica, era davvero una gran brava persona, con una bella famiglia.

Poi arrivò il '99, e con esso la mia separazione.
I termini un po' inusuali di essa, che consisterono in me che apparentemente tagliai la corda per andare a vivere (con un outsider né radical né chic) e a lavorare in Emilia, ottenendo un affidamento congiunto del quale usufruivo nei week end come qualsiasi padre lavoratore (e dicendo al mio ex marito: "Bene, ora occupatene anche un po' tu."), gettarono un lieve scompiglio in Mammaland che non mi aveva considerato mai così tanto stramba, causando alcuni effetti collaterali immediati, quali, ad esempio, l'immediato ostracismo da parte delle Vere Madri (ah, il femminismo!). Così, quando all'inizio del week end andavo a prendere i miei figli a scuola (ancora in tenuta da lavoro e trolley, direttamente dalla stazione), potevo fortunatamente contare su molto silenzio.

Ma, molto più fortunatamente, non da parte delle mie vere amiche. Che come le vere amiche, non giudicavano.

Così una volta mi ritrovai a parlare con Elle. Le spiegavo che anche se non era tutto rose e fiori, avevo grandi soddisfazioni. Il lavoro andava strabene. Perché io finalmente lavoravo. Non dovevo più marcire in casa solo perché mio marito voleva così. Non sentivo più di dover buttare la mia vita. Ristudiavo. Guadagnavo. Ero ripartita. Anche se avevo milioni di problemi pratici. Una microcasa, ma mia. Anzi due. E gestivo tutto, ci riuscivo, ma che stanchezza. Stanchissima di lavorare e viaggiare continuamente. Ora prendevo i bambini e dovevo farli mangiare anche se dovevo anche finire un lavoro per un progetto che seguivo, una cosa veramente interessante, in pratica...
E Elle mi disse: perché non gli fai il polpettone alla senape per pranzo? E' una mia ricetta, piace a tutti...
Il progetto che sto seguendo è davvero interessante. la interruppi.
E gliene parlai. Poi suonò la campanella, i bambini sciamarono fuori e ci salutammo.

Però portandoli verso casa mi ritrovai dispiaciuta. Perché avevo notato la sua piccola smorfia di disappunto.
Elle stava cercando di aiutarmi con una cosa reale, di cui evidentemente era fiera. Era una delle poche persone che ancora mi parlava. E a pensarci meglio, io che di solito mi faccio problemi per mille sciocchezze, non ero stata per nulla gentile, in diversi modi. Mi ripromisi di esserlo di più la prossima volta che ci avrei parlato.

Ma non capitò.
Effettivamente come menage era molto faticoso e lo corressi, e capitai sempre meno davanti alla scuola.
In realtà non era solo un problema di stanchezza. La verità era che, anche se ero affezionata ad alcune persone, gradualmente mi resi conto di detestare quel mondo. Pian piano ero tornata la me dei vent'anni: quella che voleva essere una donna libera, in carriera, che detestava la routine. Che francamente detestava Mammaland, le feste per bambini e i consigli di classe: il ricordo di esserne stata parte mi disturbava, e ne stavo lontana il più possibile. Però cercavo di restare in contatto con le mie amiche, per quanto possibile. Anche se purtroppo lavoravo tantissimo e fra i figli e tutto il resto, tempo non ne restava mai.

Elle morì di tumore due anni dopo.

Non ho mai più avuto occasione di essere gentile con lei. E ricorderò sempre questo: la sua gentilezza, la sua disponibilità. E quella sua piccola smorfia di disappunto per essere stata interrotta, subito cancellata da un sorriso educato, ma sincero.

Ogni volta che vedo la senape mi sento una cretina. E sospetto che mi farà sempre lo stesso effetto.

La parte utile, che scrivo per voi oggi come per me, fissando un vasetto di senape in polvere: per quanto vi sentiate stressati, per quanti buoni motivi pensiate di avere, quando qualcuno vi parla cercando di esservi amico cercate di ascoltarlo e non lo interrompete. Siate gentili.
Perché la sgradevole ma indubbia verità è che nessuno di noi può davvero sapere quale sarà l'ultima volta che parlerà con un altro.


venerdì 18 aprile 2014

Subtweeting & Backstabbing

Dunque, ho pensato di scrivere questo post grazie a questo articolo:



In pratica (ve la riassumo per praticità) riporta la condanna per diffamazione di un tizio che, pur non citando esplicitamente il nome del proprio collega, ha scritto sul proprio profilo: "«attualmente defenestrato a causa dell'arrivo di collega sommamente raccomandato e leccaculo...», aggiungendo quindi un'espressione volgare riferita alla moglie di quest'ultimo."  
Così, in amicizia, eh!

Tralasciando tutti i dettagli tecnico-legali legati alla definizione di diffamazione, insulto e affini (mia Mamma voleva che studiassi Giurisprudenza e questa è una delle Tante Gioie che Non Le Ho Dato, ma tant'è), la notizia rientrerebbe nella categoria "scoperte dell'acqua calda", se non fosse che mi offre l'occasione di parlare di un paio di forme di comunicazione perfettamente identificate e definite nel vocabolario inglese, ma non altrettanto in quello italiano e inspiegabilmente, aggiungerei, poiché per quanto indefinite, sono sempre più diffuse.

Si tratta del Subtweeting e del Backstabbing.

Ovvero, i due gemellini fetenti della comunicazione social



Vediamo di cosa si tratta.


Il Subtweeting letteralmente è il postare (tipicamente su twitter, ma ormai anche su altri social), messaggi contro qualcuno, senza citarlo direttamente.

Vero che ci siamo capiti al volo? In pratica, tutti quei post velenosetti che cominciano o contengono espressioni come: "quella persona..." "certa gente..." "i tipi che..." e diciamolo, trasudano livore, tanto che si capisce benissimo che sono fatti appositamente per tirare un metaforico calcio negli attributi di qualcuno, se non fosse che il qualcuno in questione non viene citato. L'ingiuria di solito è fatta per essere "abbastanza" trasparente per l'ingiuriato e l'entourage che condivide con l'insultante, dubbia "da poco a un po'" per tutti gli altri.

Il motivo più evidente per postare un subtweet è quello di evitare il confronto diretto con la persona che si sta attaccando. Ovviamente, si gioca sull'ambiguità: ce l'avrò con te oppure no? In questo senso, il subtweet aggiunge, per dirla politamente, una plus di squisita presa per il culo alla critica. "Gnegnegne: io ti insulto e tu neanche puoi tirarmi un pugno in faccia."


Con le dovute varianti ed eccezioni, in quanto, ad esempio, molti sono arrivati a chiarire abbastanza bene la reale natura dei propri post, usando - paradossalmente - l'hashtag: 




Ovviamenete, il subtweettato può replicare con un successivo sub-subtweet. Che può generare a sua volta un sub-sub-subtweet e così via, per quanto l'astio, il tempo a disposizione e il senso del ridicolo dei coinvolti consentono.

Il subtweeting non è un insulto per tutti. Ovviamente, può essere anche scambiato fra squinzie compagne di classe intente nelle proprie usuali scaramucce adolescenziali; tipicamente, nasce da frustrazioni, contrarietà amorose e gelosie di tutte le età, ma personalmente devo dire che i più belli e artistici subtweeting nascono tra divi del net, ovvero fra i blogger. Gente che sa scrivere, che attribuisce all'insulto on the web un'importanza consona e che sa usare la penna ovvero la tastiera quanto e più che una spada, o piuttosto come una katana. Si tratta spesso di elegantissimi superinsulti, di insinuazioni più velenose del gas nervino. Chapeau.


Solo che. C'è da dire che.


Parallelamente al diffondersi di questo tipo di attacco, si è assistito all'aumentare, altrettanto esponenziale, del timore di esserne oggetto. Come dire: per ogni essere umano pieno di risentimento, rancore e spirito di rivalsa, ce n'è sempre almeno un altro (o più) in preda alla paranoia. Il mondo è bello perché è vario.


Mi spiego con degli esempi.


Un mio contatto posta come status: "Certe bionde proprio non si regolano.

Mio coinvolgimento emotivo: fastidio. Paranoia = maximum level. Ma devo stacce. Perché il mondo è pieno di bionde! Che  sovente, ahimé, non si regolano.

"Certe bionde proprio non si regolano coi loro selfie compulsivi e il loro ego espanso."

Coinvolgimento emotivo: vago sospetto. Paranoia = livello medio. Più "codone di paglia". Terapia consigliata: dopo essermi chiesta se ho fatto qualcosa all'amico in questione, farei meglio a ri-ricordarmi che il web è pieno di bionde egocentriche. E già che ci sono, se io sono disposta ad accettare serenamente il mio egocentrismo (mmm...sì. Tutto ok.)

"Certe bionde romane rompipalle, piene di gatti, con la compulsione della scrittura e quell'aria da saputelle proprio non si regolano coi loro selfie, le loro foto di qualsiasi minchiata si trovino davanti e il loro ego espanso."

Coinvolgimento emotivo: I kick your ass. Paranoia =  non ci sta

Sub-subtweet? Qui interviene il carattere individuale. Perché la mia politica ufficiale è perseguire l'amore universale ed essere una persona conciliante ed assertiva, però ammetto dolorosamente che se mi trovassi in una circostanza del genere non credo seguirei una via indiretta, in quanto in alcuni casi mi scatta il cromosoma "'spetta 'nattimo?", famoso elemento genetico graficamente rappresentabile come segue:





E a proposito di amore universale ed assertività, passo a dare definizione di backstabbing, che letteralmente è: "pugnalare alle spalle". 


Per capire il backstabbing applicato al social networking, occorre compiere uno sforzo di immaginazione.
Non sto parlando di qualcuno che ad esempio si affilia ad un gruppo o ad una pagina per poi massacrarla di post negativi (quello è banale trolling), ma qualcosa di più subdolo e creativo.

Mettiamo ad esempio che una bionda (non io, un'altra) sia stata mollata dall'amato bene. 
Anziché scegliere il perdono, la catarsi e/o l'oblio, può decidere di optare per la vendetta attraverso il social backstabbing, in svariatissimi modi. O fingendo di voler rimanere in buoni rapporti con l'ex allo scopo di metterlo in cattiva luce con gli amici comuni (in pratica, né più né meno di quello che succede nel real), o fingendosi un'altra persona. In tal caso potrà carpire informazioni utili al proprio scopo a più livelli, spingendosi fino a reintavolare un flirt virtuale, se lei è molto brava e l'ex particolarmente boccalone. O, se la rottura è stata causata da un'altra persona, il raggiro potrebbe essere diretto verso di essa.

Un'applicazione anche molto frequente del backstabbing è in ambito professionale, dove usando o meno la propria identità ma comunque fingendosi amici dell'obiettivo, si mira a raccogliere informazioni particolarmente sputtananti, o attraverso i suoi post o via chat. 
Ad esempio, se il diffamante protagonista dell'articolo riportato all'inizio di questo post avesse avuto un approccio più strategico che tattico, forse avrebbe tentato una manovra di avvicinamento virtuale col "collega sommamente raccomandato e leccaculo", allo scopo specifico di studiare il nemico e magari raccogliere evidenze di qualche sua assenza ingiustificata, o insulto privato contro i loro superiori, o altri elementi ugualmente adatti a rovinare la sua reputazione e carriera. 

In buona sostanza, appare abbastanza evidente che la differenza fra subtweeting e backstabbing è ne fatto che, benché siano entrambi forme di attacco indiretto, il primo è più dovuto all'impulso del momento e in qualche modo mette comunque in campo l'attaccante, mentre il secondo è più ragionato e anche se dagli esiti più incerti, lascia ampi margini di anonimato a chi lo attua.

Concludendo, veniamo alla parte in cui cerco di rendermi utile, tentando a casaccio di dire cose sagge e sensate.

Adesso che sapete come si chiamano due cose che conoscevate già, dovreste farle?
Ovviamente no!
Ma vi rendete conto di che razza di masturbazioni mentali stiamo parlando?
Fate l'ammore (vero), non la guerra (virtuale). Ma che vi frega di scaramucciare on the web. Internet è forse la più grande invenzione dell'ultimo secolo e davvero "una benedizione di Dio", e quindi andrebbe usato come fanno tutte le persone più sane: per postare gattini, guardare video da ridere, musicali e non, trovare porno, fare giochini stupidi, rimorchiare, ecc.

Se davvero qualcuno vi ha fatto una puttanata, come tradirvi o fregarvi il posto o parlare male alle vostre spalle, secondo voi, qual è la migliore vendetta? Postare qualcosa che gli farà capire chiaramente che state rosicando? Perdere tempo a coltivare rabbia e dolore applicandovi sull'oggetto del vostro odio? O magari impiegare questo tempo sulla persona che vi ama di più al mondo, ovvero voi stessi, e finire per postare piuttosto una bella foto di voi in splendida forma su una spiaggia inondata di sole fra le braccia di un/a figo/a stratosferico/a, causando magari un intenso rosicamento al simpaticissimo rivale in questione? 

O, meglio di tutti, la totale, reciproca indifferenza sui reciproci sentimenti? 

E se foste voi l'obiettivo di queste Belle Cose?
Nel caso del subtweeting, vi consiglierei innanzitutto di chiedervi: sicuri sicuri che sia rivolto a voi? Vi rendete conto, vero, che il web è pieno di gente che vi somiglia e che fa le stesse cose sceme che fate voi? E che la paranoia è una brutta cosa? Magari, prendete in considerazione una vacanza. Dal web, ma anche in generale.

Io (ehm) ho "un po'" di contatti virtuali, scrivo "un bel po'" e in linea di massima esprimendo me stessa uso la delicatezza di un caterpillar, quindi in teoria dovrei ritrovarmi una coda di paglia piccola come l'A1.

E invece nonon penso mai che qualche post sia contro di me. Anzi. Sono assolutamente convinta che il mondo sia un bel posto, che la gente sia fondamentalmente buona e che in particolare tutti mi adorino. Se c'è qualcosa che davvero non sono, non sono paranoica, come mi fa sempre notare anche Ludwig, il mio unicorno rosa. 



Questo è Ludwig. Ludwig, non fare il timido, saluta i lettori.

Ma se il subtweettatore non avesse (volutamente o meno) lasciato adito a dubbi, creando un messaggio trasparentemente rivolto a voi, in tal caso vi invito a pensare: non è una cosa meravigliosa??
Quella persona vi sta pensando tanto!

Vi pensa, eppur vi teme: considerate il suo messaggio alla stregua di un omaggio, un cesto di frutta esotica (seppur un po' marcia) lasciato furtivamente da un indigeno tremante ai piedi di un idolo terribile scolpito nella pietra prima dell'alba.

E nel caso in cui i suoi amici si uniscano al coro dei fischi, tripudio: voi avete un fan club!
Siete popular come Joker, Darth Vader o Crimilde. Non siete mediocri come quelli che mugugnano contro di voi nascondendosi dietro dei sottintesi. E quindi, davvero volete abbassarvi al loro livello replicando? Fate un po' voi, eh.

In caso di backstabbing, c'è bisogno che ve lo dica? Se siete andati a spifferare i vostri più reconditi segreti al primo conosciuto in rete senza nessun criterio di valutazione o filtro, non è questione di raggiro, ma darwiniana. 


Sui segreti potremmo aprire un file infinito, sulle cotte prese chattando poi non ne parliamo: l'unica cosa che mi sento di scrivere come essenziale, è di cercare di comportarsi come nel real. Ovvero come ad esempio se anziché in chat foste su un autobus o in treno. Andateci leggeri, se riuscite. E' vero che a volte capita l'eccezione, ovvero quella persona con cui si scopre di avere delle affinità incredibili e alla quale si sente di poter raccontare tutto, ma ammetterete che se la persona da voi eletta a vostra anima gemella è la stessa che ha creato un account apposta per fregarvi, questo non depone molto a favore della vostra capacità di giudizio.


Inoltre, in linea di massima detesto fare la morale, ma è d'uopo ricordarvi che non è bello parlare male. Per quanto suoni poetico, mica è sempre vero che dal letame nascano i fior, ed è possibile che anzi il suddetto vi torni indietro sotto forma di pallate. Quindi, se possibile, evitate di esternare il vostro disappunto sparando a zero su amici, colleghi e familiari. Riflettete sul concetto di: retto pensare = retto parlare. 

Se avete qualcosa che non vi sta bene, provate a dirlo direttamente al diretto interessato. O non vi lamentate se poi si verrà a sapere grazie a qualcuno pronto a diffondere il vostro verbo. 

Oppure, siete perfettamente consapevoli di tutto quanto cui sopra, ma non vi interessa fatto, avendo raggiunto già da tempo l'aureo stato di 



Who Cares?


E allora, ovviamente, non esiste subtweeting o backstabbing che possa più raggiungervi. 

martedì 8 aprile 2014

I Mangiatori di Energia

Oggi ho scelto di dedicarmi ad un argomento "serio" perché vedo un sacco di gente stressata a causa di altra gente. Che a sua volta, stressa altra gente. Che stressa altra gente. Insomma: e se poi alla fine di questo giro capitasse che qualcuno cerchi di stressare me? Meglio prevenire che procurare inutili sofferenze, no?

Vorrei innanzitutto prendere le distanze da una costante riguardo questo argomento già piuttosto abusato , chiarendo subito che io non vedo i Mangiatori di Energia (MdE per praticità) come una sorta di vampiri che si nutrono delle forze positive altrui per trarne personale beneficio. Nient'affatto: niente di così spirituale o new age.

Il tipo di persone di cui andrò a trattare, sono sic et simpliciter delle piaghe, l'herpes sul labbro dell'umanità; dei mangiamorte, a pain in the ass, insomma, perdonatemi: degli stronzoni immondi, che dedicano la propria esistenza ad avvelenare quella altrui.

Ma in modo subdolo.

Cominciamo con alcune semplici indicazioni per tentare di individuare il Soggetto.

Senza voler fare psicologia da quattro soldi, ma solo impiegando il vecchio buon senso, si può tranquillamente dire che il problema fondamentale dei MdE è che non possono stabilire un rapporto alla pari con le altre persone, ma sempre e solo up-down. Dove loro ovviamente sono up, e gli altri sono poveri imbecilli.

Di solito, il MdE proviene da una famiglia che in qualsiasi condizione o circostanza gli/le ha inculcato un'idea inestirpabile: quella di essere un essere eccezionale. O di doverlo dimostrare a tutti i costi, che in alcuni casi è persino peggio. Che abbiano avuto rapporti conflittuali con uno o entrambi i genitori, o siano stati oppressi dalle loro aspettative, o siano semplicemente frutto di un'accoppiata di spocchiosi esibizionisti (caso tutt'altro che raro) che ha allevato la propria dorata prole con la mission di farsi valere, o che al contrario sentano la necessità di vendicarsi dell'ego espanso genitoriale che li ha costantemente umiliati durante l'età dello sviluppo, il risultato non cambia: quella che è stata rilasciata nel mondo è fondamentalmente una  jena incazzosa assetata di rivalsa.

Ovviamente, se questa natura fosse evidente, i MdE verrebbero presi a calcioni nel sedere dagli altri fin dalla più tenera età e non potrebbero contare su grossi appoggi sociali. Ma ciò non accade, perché come vedremo per i Mde le relazioni sociali sono di fondamentale importanza e per questo motivo sanno gestirle benissimo.

Qual è infatti lo scopo principale dei MdE? Il controllo.
E come riescono ad esercitarlo? Arrivando a gestire l'economia del benessere degli altri.
E in che modo ci riescono? Sicuramente in modo graduale, senza che ve ne accorgiate. Ma ci sono degli indizi caratteristici per capire se si è vittime di questo tipo di persone.

Generalmente i MdE sono persone simpatiche. Di primo acchitto. Senza eccezione, sono definibili come "individui alfa": affascinanti, spiritosi, in gamba. Appena conosciuti, l'aggettivo più appropriato per loro probabilmente è "travolgente". Sono instancabili, con un gran senso del dovere e un indubbio carisma. Sono persone che eccellono in quello che fanno. E ci credo, visto che dedicano tutta la propria vita ad essere i migliori.
Fin qui, mi chiederete, cosa c'è di male? Vediamo.

Tradizionalmente (anche se ovviamente negli ultimi decenni questi stereotipi sono stati superati), il MdE femmina trovava la propria naturale realizzazione fra le mura domestiche. Le Madri Impeccabili. I MdE maschi, sul lavoro. I Supermanager, i Capi.
Dov'è la magagna? Nel fatto che, se stringiamo l'obiettivo e guardiamo da più vicino, vediamo questi soggetti circondati da un ambiente chiuso e ristretto, composto da persone infelici, stressate e frustrate. 
Il gruppo dei gregari. Le sue vittime.

Per ovvi motivi di trattazione vorrei tralasciare l'esempio del MdE nel suo ruolo familiare, in quanto dovrei descrivere una voragine senza fondo di disagio e interazioni disfunzionali veramente complesse. Per praticità invece userò l'esempio del MdE in ambito lavorativo, in quanto oltretutto questo è un caso abbastanza diffuso, visto che tra le altre cose, passatemi la trivialità, il MdE è l'incarnazione vivente dell'adagio popolare "Comandare è meglio che fottere" (in modo più letterale di quanto si possa immaginare).

SEGNI RIVELATORI DI UN CAPO MdE

Odi et Amo. 
Lo odiate e poi lo amate? E poi lo odiate di nuovo? E poi...?
C'è un cartello idealmente appeso nella sede di ogni azienda gestita da un MdE: "Qui, NESSUNO è al sicuro." Il MdE divide et impera: distribuisce i propri favori in modo capriccioso ed arbitrario. Un giorno vi dice: "Sei l'unico su cui posso davvero contare." e la mattina dopo arrivando in ufficio trovate tutti in riunione da 2 ore per decidere il nuovo piano strategico aziendale, e il vostro ufficio trasferito nello sgabuzzino delle scope. Sa suonare le corde dell'altrui autostima in modo più spregiudicato che in un pezzo di Berio, facendovi passare dalla modalità superuomo, durante la quale grazie all'esaltazione egotica in quanto Prescelti  vi renderete odiosi a tutti i vostri colleghi, alla modalità vicezerbino del recinto dei maiali, anche durante la stessa giornata lavorativa. Con il risultato che in un'azienda governata da un MdE i più deboli dopo un po' diventano dei depressi da manuale e ogni tanto scoppiano inspiegabilmente a piangere, i meno deboli magari optano per un più interessante disturbo bipolare vivendo in uno stato alternante di esaltazione e cupezza, ma nessuno, senza eccezione, si fida a farsi portare il caffè da nessun altro. 
Tra l'altro (prima domanda rivelatrice), vi siete mai chiesti se è normale amare E odiare il vostro capo? Non dovreste semplicemente lavorarci insieme?

La Fiesta Mobile
Lavorate in un posto che è uno spasso? Ci si diverte da matti? Si festeggia spessissimo? Siete fottuti.
Leggere di Pinocchio e Lucignolo nel Paese dei Balocchi da piccoli non vi è servito a niente?
Il MdE è un Gestore di Benessere. Ovvero, esercita il suo potere colmando una necessità che lui stesso crea. Presto vi accorgerete che ridere e scherzare si può solo quando LUI vuole.
IL MdE può essere supersimpatico, un vero spasso, l'anima della festa. MA SE per caso sarete voi un giorno ad essere autonomamente di buon umore, aspettatevi di venire travolti da una tonnellata di ghiaccio e senso di inopportunità, della serie: "Ti pare questo il momento di fare il buffone?" in tono così perentorio e incontrovertibile da annullare ogni ricordo del fatto che magari un secondo prima invece era lecito, con la differenza che l'animatore di Azkaban era lui.
La realtà è che un vero MdE è capace di trascinare l'entourage che controlla in uno stato di depressione profonda per deprivazione di buonumore; creando periodi di superlavoro, ansia, emergenze reali o presunte , di stressare tutti fino ad ogni limite sopportabile, per poi dispensare lui stesso, e solo lui, svago e divertimento.
Creando appunto una dipendenza.
Domanda rivelatrice: vi sembra normale divertirvi così tanto sul posto di lavoro? Come mai alla fine trascorrete al lavoro il doppio del tempo degli altri? Riuscite a ricordare l'ultima volta in cui lavoro e tempo libero erano due cose distinte? E nel caso in cui stessimo parlando di un familiare, non vi sembra strano costituire un gruppo così chiuso alle amicizie esterne? O, se il MdE fa parte della vostra comitiva di amici, non è strano che tutto dipenda da una sola persona che decide e monopolizza qualsiasi attività?

Gangsta's Paradise
Tutti i gruppi umani, famiglie, comitive di amici o aziende, sono legati da alcuni valori, scopi e gusti comuni. L'elemento indicativo di un gruppo legato intorno a un MdE, oltre ovviamente all'affermazione della di lui/lei personalità (e al fatto che prestissimo perderete di vista il fatto di avere tutti gli oneri e nessun onore della titolarità, ma questo poi fluidamente verrà modulato dalla generosità / furbizia del "vostro" MdE), quasi costantemente è che questi valori, scopo e/o gusti sono spesso espressi al negativo.
Un MdE è un essere che ha in sé una grossa componente di rabbia e ostilità nei confronti del mondo "esterno" e verso tutto quello che non riesce a controllare. Che, sfortunatamente per il MdE, è una grossa fetta della realtà. Questa rabbia viene tradotta in disprezzo, che diverrà un valore che il MdE imporrà ai propri gregari. Questo genererà un clima dominante nel gruppo di irrisione, rabbia, diffidenza, con l'effetto collaterale non trascurabile di aumentarne la chiusura, cosa che al MdE non dispiace affatto. Ogni elemento nuovo, che può turbare il suo dominio incontrastato, verrà respinto e "sputato fuori" in nome di una presunta superiorità del gruppo. "Nessuno è alla "vostra" altezza." A meno che non sia disposto a piegarsi.
Segno rivelatore: la "carriera" di un MdE è costellata di rotture. La realtà dei fatti è che le persone dotate di personalità forti o di autonomia o quantomeno della volontà di base di non farsi mettere i piedi in testa appena subodorato il tipo tagliano la corda, ma questo verrà mutuato nella memoria collettiva del "gruppo" come una trombatura o qualcosa di ugualmente deprezzante per la figura del dimissionario. La realtà dei fatti è che molte persone con qualche alternativa semplicemente si stufano di avere a che fare con dei tiranni (e umilmente mi annovero in questo caso, essendo successo anche a me).
Piccolo esempio familiare: le madri che schifano regolarmente ogni partner o aspirante tale della propria prole. Distruggendo ogni relazione sul nascere. La madre di Norman Bates in Psycho, benché stecchita, non m'ha mai fatto tenerezza, in quanto ho sempre sospettato che in vita fosse stata una MdE upper level.

Io vorrei...Non vorrei...Ma se vuoi...
Se siete arrivati a leggere fino a qui, o vi piace molto leggere, o mi volete molto bene, o conoscete tipi del genere. Nello sfortunato caso in cui abbiate avuto  (o abbiate tutt'oggi) a che fare con un MdE, saprete anche che un sentimento ricorrente di un componente del gruppo dei "gregari" è un altalenante senso di inquietudine e disistima personale. Quando il MdE esagera con le sue vessazioni, quando non è il vostro turno di essere fra i suoi preferiti, ritorna la vecchia, triste domanda interiore: "Se fossi migliore, se ne avessi i mezzi, sarei ancora qui?"
Non è facile. Per tanti motivi. Non solo perché tagliare la corda non è mai facile, ma anche perché il MdE NON E' un tiranno tout court. Molti dei MdE sono inconsapevoli, non sanno nemmeno di essere tali.
Hanno anche buoni sentimenti. Sono madri che vi donano un rene senza pensarci; sono capi che lavorano 18 ore al giorno per garantirvi il pane. Ciò che sfugge ai "non accoliti" (ma di cui i "fedeli" sono dolorosamente consapevoli) è che i MdE generalmente fanno una vita di merda.
Sono completamente dediti al loro gruppo, perché il loro gruppo è la loro vita.
Se è un capo aziendale, la sua vita privata è mediocre, se non inesistente. Se è un padri o madre di famiglia, la famiglia per lui o lei è tutto. Se è un amico, è il "miglior" amico del mondo.
Peccato che in cambio vi abbia preso tutto. Avete più una vostra vita?
Un MdE agisce soprattutto attraverso i sensi di colpa. Lo odiate. Ma lo amate anche. E allora vi odiate per il fatto di averlo odiato.
E allora, che fare?

Lo chiedete a me? Avete notato come si chiama questo blog? Abbiate pazienza, ma io ho un allineamento "caotico neutrale".

Ma prima di coprirmi di insulti, lasciate che chiudendo mi spieghi meglio.
Le relazioni si fanno in due. Per un matrimonio infelice ci vogliono due coniugi; per ogni carnefice ci deve essere una vittima.

Molti, soprattutto i più giovani ed inesperti, all'inizio potrebbero aver scambiato un MdE per un Maestro, una persona eccezionale, e quindi potrebbe essere utile per loro evitare delusioni e perdite di tempo. Molti, i più smaliziati, come già detto, capiranno il tipo al volo e taglieranno la corda.

Ma alcuni restano e a questi mi viene da dire: "Se siete nell'entourage di un MdE e siete figli, il piano è semplice: crescete e scappate; se siete adulti, crescete e scappate."
Se non lo fate, forse ve la siete cercata. E vi sta anche bene.

Vivere da gregario ha i suoi (perversi) vantaggi. Il MdE vi farà sempre sentire parte di un gruppo superiore al resto del mondo e si prenderà cura di voi. Non dovrete mai assumervi responsabilità (reali). E saprete sempre a chi dare la colpa se le cose vanno male. Forse avete avuto un genitore MdE e siete abituati così. Forse semplicemente non vi va di rischiare. Basta che poi non vi lamentiate.

In ogni caso, vi ricordo che non siamo schiavi, e quindi le cose in genere vanno come devono andare.