martedì 29 luglio 2014

Elogio della Vanità

Ero molto molto (mi duole ripeterlo: "molto") giovane, quando un pomeriggio d'estate entrando nel circolo sportivo dove passavo la maggior parte dei pomeriggi con il gruppo dei miei amici, una ragazza di cui (fortunatamente!) ho perso traccia mi disse:
"Hai qualcosa fra i denti."
"Davvero?"
"NO, ma mi piaceva vedere la tua espressione all'idea di essere imperfetta."

Riporto questo simpatico aneddoto® perché mi è rimasto impresso dopo tanti (mi duole ripeterlo: "tanti") anni, come esempio indolore dell'atteggiamento di alcune persone, antitetico al mio e per me abbastanza incomprensibile.

Io mi sveglio la mattina, come tutti gli esseri umani ancora vivi (per nostra fortuna, yippie). 
Che abbia ancora sonno o meno, impegno una porzione del mio tempo a rendere il mio aspetto oltreché presentabile, ragionevolmente (nei limiti, capiamoci) gradevole. 
Abbino i colori dei miei vestiti. Faccio in modo che sia loro che la mia persona siano puliti, in modo da non emettere cattivi odori.  Anzi, a dirla tutta, personalmente mi piace profumare. Senza esagerare.

Dopo aver fatto colazione mi lavo i denti, pressappoco per gli stessi motivi. Controllo di essere in ordine e al mio meglio.

Esco, mi incammino e cerco di tenere un comportamento civile.
Se produco pattume, lo lascio negli appositi raccoglitori, non lo butto in mezzo alla strada. 
Se incrocio delle persone camminando, non le contrasto a spallate ma mi scanso, cercando di favorire la circolazione.
Se qualcosa mi contraria, non do in escandescenze urlando il mio disappunto al mondo, ma neanche esprimendolo ad alta voce con insulti o maledizioni o improperi come un ubriaco in fase aggressiva dopo tre cartoni di tavernello. 

Ora, confortatemi su un punto.
Tutto questo è normale, vero?

Il fatto è che io sono stata educata a comportarmi così. Mi è stato insegnato che con le persone, in generale, è buona regola cercare di risultare il più possibile gradevoli

Poi, a seconda del livello di intimità che si ha in un rapporto ci si possono permettere delle libertà come la confidenza e la familiarità, pur sempre nel rispetto, ovvero nella misura in cui la propria libertà non limita quella dell'altro (il che a volte può anche voler dire: non lo mette a disagio). Tutto questo ovviamente nei nostri limiti, giacché siamo umani per cui non infallibili, ma il principio dovrebbe essere questo.

E allora potreste spiegarmi perché da sempre incontro persone a cui la gradevolezza (che oltretutto non viene gratis, e chi sorride lo sa bene) appare come ipocrisia, vanità, idiozia, in pratica come una cosa negativa?
Ma ancor di più, davvero queste persone fustigatrici della stilosità, fautrici della spontaneità e fan del parlacomemagni riescono a sostenere nella pratica che il contrario sia giusto?

Allora, visto che scrivo su internet, lasciatemi fare un paragone quanto mai  prossimo
Uso facebook da anni. Lo guardo quasi tutti i giorni. Ultimamente, devo ammettere, di meno.

Entro e vedo: persone che postano foto di sé stessi, della propria famiglia, delle cose che amano, che li hanno resi felici, che li rendono fieri; cose in cui credono, che gli piacciono. Cose anche stupide, ma che li divertono.
Poi vedo persone che postano insulti verso altre persone; lamentele. Polemiche. Odio
Badate: NON parlo di cause sociali o civili (che comunque esprimono qualcosa in cui si crede), parlo dell'odio spicciolo e gnagneroso verso "quello che mi ha fregato il parcheggio" o "la collega stronza".

INDOVINATE CHI PREFERISCO IO?

E lo so, avrò dei gusti da bionda retrò. Sarà che mi annovero consapevolmente, volontariamente fra i colpevoli. Sarà che fra i miei tanti difetti non c'è l'invidia, sarà che più che vanità io ci vedo la positività, ma io non smetterò mai stare dalla parte di chi comunque offre al mondo e condivide il meglio che può offrire, piuttosto che la propria spazzatura.


martedì 8 luglio 2014

La Pace e la Luce

"Ma perché non ve lo portate con voi, nella luce?" 
"Non ha meritato la luce, ha meritato la pace"

Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita


Torno a casa attraversando un bellissimo parco condominiale dove sotto gli alberi ad alto fusto alcuni giovani merli saltellano sui prati verdi perfettamente tenuti.
Nel resto del norditalia si stanno scatenando tuoni fulmini e saette, con picchi creativi come trombe d'aria, grandine ed inondazioni, ma non qui: che ci crediate o no, qui c'è il sole.
Però con una temperatura fresca gradevolissima.

Arrivo al mio appartamento all'ultimo piano, apro le finestre sul mio terrazzo pieno di piante.
A casa c'è mio figlio maggiore: evoluto, affettuoso, educato, già laureato in psicologia, sta studiando per specializzarsi. Le mie tre gatte mi vengono incontro per salutarmi, placide e carezzevoli.

Dopo tanti traslochi, ho arredato questa casa esattamente come avevo in mente e mi siedo nel salotto, decisamente confortevole, davanti al mio portatile.
Relax. Sono un po' stanca. Da qualche settimana sto facendo al lavoro delle attività piuttosto impegnative che mi assorbono, però tutto sommato ne sono soddisfatta. Ho un lavoro solido e svolgo mansioni che trovo stimolanti. Conosco la maggior parte dei miei colleghi da tanto tempo, li stimo, e il clima è ottimo.
Più tardi arriverà mio marito: fra un'oretta potrei mettermi a preparare la cena, ma so già che se non avessi voglia, mi basterebbe chiederglielo per farci portare qualsiasi cosa di reperibile già pronto.

Ora, vorrei confessare una cosa. La cosa ridicola è che quasi mi vergogno ad ammetterlo.

In questo momento mi sento incredibilmente serena.

Tutta la vita ho detto di essere una persona inquieta. Di non amare la routine, la stabilità, le sicurezze.
Che la coerenza non era il mio forte. Che io sono un'artista. Undivaga. Bohemienne.

Mi sa che è ora che ci dia un taglio.

La verità è che io predico male e razzolo bene.

E' vero che non ho mai avuto paura di eliminare drasticamente le cose che non funzionavano dalla mia vita, ma a guardare bene l'ho sempre fatto per perseguire quello che ritenevo il meglio. E per questo, ho sempre lottato con tutte le mie forze, senza esitazioni. Soprattutto contro me stessa.

Perché oltretutto (altra dolorosissima ammissione) pur nella mia guasconeria (anch'essa dettata dalla vanità), ho e ho avuto fifa di scegliere e cambiare come qualsiasi essere umano, e non conosco nessuno più bravo di me ad autosabotarsi. Io sotto stress posso sviluppare una capacità distruttiva formidabile. Posso prendere l'ineffabile saggezza che ho appreso dai libri, rigirarla e all'occorrenza trasformarla in veleno puro, o meglio in napalm, che spargo per ettari intorno in una situazione esistenziale. 
Però per fortuna, la stessa tenacia quasi surreale riesco poi ad applicarla nel verso giusto, se motivata.

Ho fatto scelte correndo rischi apparentemente assurdi, ma guarda caso sempre verso situazioni migliori.
Verso la cosa migliore in assoluto che mi sia capitata nella vita, ovvero la maternità; verso persone ottime che mi hanno amata moltissimo; verso lavori ed esperienze che mi hanno dato tanto.

Chi mi conosce lo sa: ho compiuto gesti azzardati, ma guarda caso sempre in fuga da situazioni negative.

Allora forse è ora, alla mia tenera età, di deporre la vanità di certi miti adolescenziali e fare un doveroso distinguo. Il mio schifo per la stabilità, credo fosse per le situazioni che mi facevano stabilmente schifo.

Ho sbagliato per anni nel confondere questo senso di ripulsa verso realtà che non mi soddisfacevano per una ripulsa cronica. Negli anni, un bravo pilota dovrebbe imparare a governare l'abbrivio e fermarsi dove e quando vuole. E lì sostare, seppur sempre con gli occhi aperti, pronto a ripartire quando lo desidera.

La fuga perpetua non è un errore inferiore all'eterna stasi.

Le persone smaniose, ipercritiche, ansiose non vivono meglio degli statici, dei rassegnati, dei passivi. E spesso rischiano di passare da un eccesso all'altro, disperdendo le proprie energie giorno per giorno.

Ultimamente ho capito questo: il benessere quotidiano che ho passato la maggior parte della mia vita a vituperare, conta. Conta per raccogliere energie. Conta per acquistare serenità. Conta per poter essere lucidi. E con energia, serenità, lucidità, poter comprendere i veri passi successivi da intraprendere per salire di livello, e forse anche per sgombrare il terreno per quel cammino.

La Pace non è l'antitesi della Luce: può essere uno stato necessario per arrivarci.

lunedì 7 luglio 2014

Nello scorrere del tempo

Ho un bel dire: oh, ma guarda, anche questa cosa finalmente ha rivelato il suo perché!
La verità è che non ho mai capito se niente succede per caso o se siamo noi a dare un significato alle cose.

Quando ero più giovane, avevo delle strane credenze. Facevo sogni densi densi e pieni di significati, nei quali persone care scomparse mi aprivano la vista alle biosfere emanate da ciascuno di noi, in forma di bozzoli luminosi, rassicurandomi su presente e futuro.

Dopo diversi anni una veggente, senza che tra l'altro gliel'avessi chiesto, mi garantì che in mia costante protezione potrò sempre contare su un uomo magro, dai lineamenti affilati e gli zigomi alti, in camice da medico, che mi seguirebbe ovunque, invisibile e sorridente: il mio bisnonno, nel cui amore per non dire culto mia nonna mi ha cresciuta.
Ma questo è successo quando già la vita mi aveva posto di fronte ad una serie abbastanza ampia di contraddizioni ed invincibili avversità per non permettermi di credere (o meglio non contare) più su un intervento esterno portatore di salvezza.

Quindi oggi sono più propensa alla seconda ipotesi: pace in terra agli uomini di buona volontà, ovvero a quelli che si accollano la fatica (a volte improba) di ricavare da soli un senso da ciò che accade.

Secondo me questa è una scelta decisamente più di buon senso, fosse solo per la basilare considerazione che im Lauf der Zeit, nello scorrere del tempo, le cose si accumulano.
Dove per "cose" intendo "sfortunati eventi", e per "si accumulano", di solito accade in perfetto ordine sparso, fra le nostre quarta e quinta vertebra cervicale.
Decidere di affidare agli elementi esterni i criteri su cui ragionare e rapportarci con l'universo andrebbe bene in un mondo in cui tutto filasse con perfetta equità e logica. Questione decisamente diversa è invece cercare di costruire nel tempo un modo di ragionare personale basato sull'equità e sulla logica, e affidarsi ad esso. Come ad un'isola verde interiore di luce e salvezza.

Inoltre, nel tempo i bambini crescono e noi imbianchiamo: ci si pone, tra gli altri, il problema di invecchiare con grazia, e va da sé che viaggiare più leggeri permette di procedere meglio
Una cosa che sembra sfuggire a molte persone adulte, è che in qualche modo siamo i testimonial della vita di fronte ai più giovani. Che figura facciamo fare all'esistenza umana mostrandoci sfiancati e pieni di rancore? Vogliamo davvero sfiduciare questi cittini prima che gli arrivi qualche batosta di per loro, eh?
Diciamocelo: non c'è spettacolo più inverecondo di un vecchio incarognito. L'astio non dona.

Per cui io personalmente penso sia preferibile strada facendo liberarsi della pesantezza delle cose inutili e negative. Non permettere alle esperienze negative, ai torti subiti, agli incidenti di insegnarci la lezione sbagliata e vincerci, ma anzi impiegare l'esperienza, la forza, la scorza che ci siamo fatti per comportarci come ottimi testimonial della vita.

Un altro problema? Fantastico, lo risolverò: ormai so come fare. Tu ce l'hai con me? Fatti sotto: ti faccio vedere io, quanto posso essere gentile. Guarda bambino: così si fa

Posso permettermi di continuare a sorridere, sognare, osare.
Ho nuotato in mezzo alla tempesta, ho attraversato il fuoco tante volte e sono ancora qui.
Ciò che non mi ha ucciso, mi ha reso più forte.



Who cares, se non verrete capiti. A chi può servire, servirà. E' per voi e per loro che lo fate, che siete così. Perché questa è una delle chiavi fondamentali di scelta: l'amore.
Amore per voi stessi, come persone, che supera sé stesso espandendosi fino agli altri. Amore per gli innocenti: i più giovani, quelli che verranno dopo. Amore anche per i meno innocenti: gli arrabbiati, quelli che soffrono e chiedono aiuto prendendosela con voi. Se sapete di essere forti, potete arrivare ad avvertire lo stesso senso di amore e protezione per tutti. L'ho sempre detto, non mi stancherò mai di crederci:

il vero amore è per le persone forti.

Inoltre per viaggiare leggeri può aiutare indubbiamente un dono quasi da esseri fatati, da coltivare con cura: una meravigliosa memoria selettiva.

Nell'estate dell'86 (credo) ricordo che ero innamorata. Ero malata e non potevo uscire di casa. Il ragazzo che mi piaceva mi aveva lasciato una sua maglia. Nelle notti di quell'estate io guardavo il cielo gremito di stelle dalla finestra della mia stanza e affondando il viso in quella maglia ricordo ancora nitidamente che aspiravo il suo profumo, il profumo che era rimasto nel tessuto: ricordo i colori, la trama, il profumo come fosse ieri.
Ricordo a malapena il ragazzo, il fatto che dopo esserci scambiati lettere bellissime e infiniti sospiri a distanza (ma davvero, cosa supera l'attesa di un amore? me lo chiedo ancora oggi) di persona fu la storia di un mesetto che ci fece lasciare nella reciproca indifferenza.

Sono passati tanti anni e diversi amori, ma di tutti gli amori che ho vissuto i ricordi nitidi sono dei momenti belli.
Gli stessi che mi fanno sperare ogni giorno che tutte le persone che ho conosciuto meglio (per esserci amati) stiano bene, siano serene, stiano proseguendo il proprio cammino nella felicità. 
I litigi, le incomprensioni, le rotture non hanno più nessuna importanza: so che ci sono state, ma solo come fatti, non come veri ricordi. Nel tempo il dolore è svanito, è rimasta solo la gioia.

Questo vale allo stesso modo per altri rapporti: se si ha l'immensa fortuna di avere dei figli non si rimugina tutta la vita sui dolori del parto o sulle notti passate in bianco, ma su tutti i momenti di felicità vissuti con le meravigliose creature che hai avuto il privilegio di crescere. 
Se hai degli amici, può essere che abbiate litigato e ve ne siate dette di veramente brutte, così come vi venivano, ma poi s'è fatta pace e ciò che conta è ben altro.

Perché il senso che ho scelto è che la fortuna è quella di poter essere vicini a qualcuno. Fare qualcosa di bello insieme: essersi utili nel rendersi felici.
Questo per me è il senso di qualsiasi storia umana.

Più vado avanti con gli anni, più la trovo una scelta sensata.

Per noi parlare di vecchiaia è quasi un tabù: pensarci e citarla suona anziché naturale stonato, come sintomo di depressione, o quasi maleducazione, come parlare di una cosa schifida durante un pasto, ma io che sono stata cresciuta da due persone anziane non la vedo così. A prescindere dal fatto che l'alternativa non mi pare un granché, ma poi se ci si arriva lucidi e ragionevolmente sani di corpo, posso testimoniare che non è niente male. I miei nonni erano uno spasso e considero il diventare una deliziosa vecchietta un ottimo obiettivo. Certo, ogni età è diversa e ci si devono aspettare cose diverse.

Verrà un giorno (immagino, credo), in cui si è destinati ad avere ben poche delle cose che abbiamo dato per scontate la maggior parte della vita, ovvero: non si ha più bellezza (non almeno la splendente bellezza della gioventù), non si ha più un indefinito futuro, non progetti a lungo termine.

In quel giorno (con un po' di fortuna) si possono avere ricordi. E io ho fatto e farò del mio meglio per averne di bellissimi.
Si può avere ancora amore.
Un amore sincero e profondo per tutti quello che abbiamo incrociato nel nostro cammino, per tutti quelli che verranno dopo di noi, e si ameranno come ci siamo amati noi. Grande come un oceano in cui infine potersi perdere, dolcemente.
E io vorrei potermici perdere, così: allora come ora, sognando come una ragazzina innamorata sotto le stelle in una notte d'estate.